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ETERE
Ether

Una speranza di autoterapia fotografica site specific, non tanto concepita, quanto scaturita, da un gesto spontaneo di immersione nell'indicibile immanente. La definirei minimalista, nel senso che tout simplement intercetta un intervallo di tempo e di luogo, entro l'eterno universale.

L'andamento che assume è ciclico, le sue metamorfosi ricorrenti, ma infinitamente variabili, impermanenti, ed estranee a qualsivoglia pretesa di catalogazione. Solo apparentemente si inscrive entro la cornice collinare fiorentina, incatenata dalla solitudine e trafitta dai giorni della malattia e dell’abbandono. Scandisce i passi di un tratto del cammino, immortalato e estinto, per il venir meno dei presupposti fisici della sua registrazione.

Assunta l’atroce impossibilità del conforto di Dio
volgo lo sguardo verso la terra incognita.
Incorruttibile quinta essentia,
pura atmosfera superiore,
là ove dimora lo Sconosciuto Assoluto.

Nulla indago
Incantamento mi conduce.

È deriva
È tregua

...

Sedazione cromatica nella memoria delle forme
anestetico abbandono alla contemplazione
cosmico, vibrante lenimento

...

Immagini scattate prevalentemente allo scemare di ogni luce,
quando Natura tutta si quieta e trattiene il respiro, al cospetto del calar della Notte
nell’attimo in cui Tempo si azzera e Animo trascolora, nell’udire la simultaneità dell’essere.

Entro i limiti di una visuale costretta,
un tratto di empireo ristretto
entro una quinta terrestre,
punteggiata di interferenze.

Il punto di vista non muta
anche per, e nonostante,
condizionamenti e impedimenti.

Epifania metafisica del creato,
struggente, mai straziante.

Poco meno di tremila istantanee, in poco meno di dieci anni
in automatico, con la Nikon o il cellulare, senza filtri né cavalletto,
prive di tagli e qualsivoglia ritocco da postproduzione.

Nel fallace, disperato tentativo di ritrarre la verità.

A self-therapeutic photographic art, site-specific, not conceived, but sprung forth, born from a spontaneous plunge into the inexpressible immanent. I would deem it minimalist in the sense that tout simplement captures an interlude of time and place, within the eternal universal.

The flow it assumes is cyclical, its metamorphoses recurring. Infinitely variable, impermanent, and extraneous to any intention of cataloguing. Only apparently nestled inside the Florentine hillside frame, enchained by loneliness, pierced by the days of illness and abandonment. It traces the steps of a stretch of the path, immortalised and extinguished, due to the disappearance of the physical prerequisites of its recording.

Embracing the terrible impossibility of God's solace,

I turn my gaze towards the terra incognita.

Incorruptible quinta essentia,

pure ethereal atmosphere,

where the Absolute Unknown dwells.

It's drift
It's respite

...

Chromatic sedation in the memory of forms
anaesthetic abandonment to contemplation
cosmic, vibrant palliation

...

Images captured chiefly as light wanes,
when Nature hushes, holding her breath in the face of Night's descent
In that fleeting moment when Time resets and Spirit fades, in hearing the simultaneity of being.

In the limits of a constrained perspective,
a constricted fragment of Empyrean
amidst an earthly canvas,
punctuated by interferences.

The point of view does not change
even despite, and in spite of,
confinements and impediments.

Metaphysical epiphany of creation
poignant, never harrowing

Just under three thousand snapshots, in just under ten years
automatically, with the camera or iPhone, without filters or tripod,
free of cuts and any post-production retouching.

In the futile, desperate attempt to portray the truth.